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MessaggioInviato: 25/07/2015, 14:11 
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ANALISI DEI BRICS, LORO POLITICHE, STRATEGIE COMMERCIALI E FINANZIARIE

BRICS è un acronimo, utilizzato in economia internazionale, che individua cinque paesi (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) accomunati da alcune caratteristiche simili, tra le quali: la condizione di economie in via di sviluppo, una popolazione numerosa, un vasto territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e sono stati caratterizzati, nell’ultimo decennio, da una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale.
Fu l’analista Jim O’Neill, a fine 2001, ad identificare, in un documento redatto per la Banca di investimenti Goldman Sachs, un nuovo aggregato geoeconomico sulla base di queste caratteristiche comuni. I paesi presi inizialmente in considerazione erano: il Brasile, la Russia, l’India e la Cina, ai quali venne poco dopo aggregato il Sudafrica a completamento dell’aconimo. Secondo O’Neill queste nazioni avrebbero verosimilmente dominato l’economia mondiale del secolo appena iniziato e risultava dunque necessario inglobarle nell’economia mondiale egemonizzata dal sistema occidentale.
Attualmente, il peso geo-economico dei BRICS è imponente: occupano il 30% della terra, hanno il 43% della popolazione mondiale e il 21% del Pil del pianeta. La loro produzione agricola è il 45% del totale, mentre quella delle merci e dei servizi rappresenta il 17,3% e il 12,7%. Il loro Pil aggregato supera i 32 trilioni di dollari e fa registrare un aumento del 60% rispetto al momento della loro costituzione. Sono dati in continua crescita, nonostante gli inevitabili riverberi della crisi occidentale, delle bolle speculative e delle molte “politiche monetarie non convenzionali” poste in essere dalle banche centrali.
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La struttura portante dei BRICS fu inizialmente costituita dal triangolo asiatico formato da India, Cina e, soprattutto, Russia, che nel 2002 promosse la cooperazione tra questi paesi. Quando fu evidente che il limitato raggio di azione di un’alleanza fondamentalmente asiatica non era in grado espandere la propria influenza e la propria attrattiva di polo alternativo all’egemonia occidentale e, in particolare, statunitense, si rese necessaria l’aggregazione di altre potenze di altri continenti. La prima fu il Brasile, che costituiva la maggiore potenza del continente indio-latino nonché la quarta economia emergente a livello mondiale, e in seguito il Sudafrica, su pressione della Cina, che aveva nel frattempo realizzato una forte penetrazione economica e diplomatica in Africa.
I BRICS sono nati in un contesto storico-economico caratterizzato dalle insufficienze del sistema di Bretton Woods, evidenti dagli anni ’70 del secolo scorso, allo scopo di affermare una diversa governance dell’economia mondiale. Dal punto di vista storico-politico, è stato ipotizzato che l’interesse strategico comune delle attuali leadership dei BRICS potrebbe essere la difesa del modello di identità collettiva statale-nazionale (scaturito dalla Pace di Westfalia del 1648) e contrapposto al modello glocalista rappresentato simbolicamente dal sistema finanziario globale sviluppato intorno al dollaro. L’economia e la politica sono fattori integrati, e quale dei due determini l’altro è un punto di discussione aperto tra gli studiosi.

La strategia dei BRICS per il raggiungimento dell’obiettivo economico, caratterizzata dalla mancanza di una contiguità territoriale, promuove e combina in diverse aree del mondo iniziative intersettoriali ed a geometria variabile. Fra gli obiettivi: la creazione di un nuovo sistema monetario, la realizzazione di grandi progetti di sviluppo, accrescere il proprio ruolo negli organismi internazionali.

Tutto questo ha permesso al gruppo di acquisire una maggiore rappresentatività geografica, accentuando il suo carattere dinamico e multipolare, ma non sarebbe però corretto interpretare i BRICS come un blocco omogeneo in grado di affermare una univoca concezione alternativa dell’ordine mondiale.
Le diversità tra i cinque paesi sono profonde: la Cina, per esempio, nel loro ambito, detiene il 55% del PIL e il 65% del commercio estero, produce oltre il 50% dell’energia e finanzia il 50% delle spese militari. L’India, che nel 2025 supererà la popolazione cinese, resta decisamente inferiore a Cina, Brasile e Russia, sia per la consistenza del PIL, che per dimensioni territoriali e disponibilità di risorse naturali.
Non vanno inoltre sottovalutati alcuni fattori di tensione, che potrebbero minare o condizionare la solidità e la stessa consistenza di questo nuovo blocco politico: Russia, Cina e India sono potenze con aspirazioni egemoniche competitive sul continente asiatico; India e Cina si confrontano, in alcuni casi duramente, per le risorse naturali in Africa e nei paesi vicini.
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Questi Paesi non sono poi esenti da criticità interne, che potrebbero metterne in discussione sia il destino politico sia la prosperità economica: in India le ripercussioni sul sistema politico degli scandali per corruzione e delle connesse proteste popolari stanno rallentando il processo di riforme e modernizzazione; in Russia, il processo di modernizzazione dell’economia e della società è minacciato dall’incapacità delle élite politiche di introdurre nuovi modelli di gestione del potere; in Cina, la disuguaglianza crescente, le difficoltà del mercato immobiliare e la possibile diffusione del malcontento sociale potrebbero mettere in seria difficoltà il modello di crescita che finora ha garantito il successo del Paese; in Brasile, il governo di Dilma Rousseff, indebolito dalle continue dimissioni di ministri per corruzione, deve dimostrare la sua capacità di contrastare il riemergere dell’inflazione e il rallentamento dei tassi di crescita.

Secondo stime comuni e condivise, nel 2050 i BRICS, insieme ad alcuni paesi emergenti come Indonesia, Messico e Turchia, avranno un peso economico superiore a quello dell’insieme dei paesi del G7 (Stati Uniti, Giappone, Canada, Regno Unito, Germania, Francia e Italia); in termini di prodotto interno lordo si prevede che la Cina diventerà la prima economia mondiale entro il 2020 e che l’India potrebbe diventare, entro il 2050, l’economia che cresce più velocemente. Ulteriori elementi destinati ad incidere sugli equilibri mondiali, connessi all’evoluzione dei BRICS, riguardano, ad esempio, i processi demografici, le condizioni della povertà e delle disuguaglianze sociali. Di fronte a questi nuovi processi evolutivi che stanno disegnando un sistema mondiale multipolare, nelle sedi internazionali – tra cui il summit G20 svoltosi nel 2014 in Australia – si cerca di costruire un nuovo sistema di governance inclusivo, basato in particolare su programmi e azioni comuni di sviluppo sostenibile ed equilibrato.

In effetti, nel corso degli ultimi anni i BRICS hanno precisato sempre meglio la loro posizione nell’ambito dello sviluppo globale come è testimoniato dalle strategie delineate nelle dichiarazioni finali approvate nei vertici annuali e nella iniziativa avviata nel 2014 di creare una Banca di Sviluppo (BRICS New Development Bank) e un Fondo di Riserva per fronteggiare le emergenze (CRA – Contingent Reserve Arrangement) sovranazionali.
Giungiamo quindi ai giorni attuali, quando dall’8 al 10 luglio si è svolta a Ufa, in Russia, la settima conferenza dei BRICS. Nella stessa sede si sono tenute anche la riunione dell’Unione Economica Euroasiatica e quella della Shanghai Cooperation Organization, che coinvolge tutti i Paesi dell’Asia. I tre incontri hanno oggettivamente assunto una valenza politica di grande rilevanza perché, oltre agli aspetti economici, sono stati trattati anche quelli relativi alla sicurezza.
Nella dichiarazione finale si è sottolineato che il summit di Ufa ha segnato l’entrata in vigore della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS (con 100 miliardi di capitale) e del Contingent Reserve Arrangement (Cra), che è un fondo di riserva di 100 miliardi di dollari contro eventuali destabilizzazioni monetarie e delle bilance dei pagamenti negli stati membri.
E’ significativo il fatto che la suddetta Nuova Banca di Sviluppo si impegni a collaborare con le altre istituzioni finanziarie aventi la stessa mission, in particolare con l’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB) recentemente promossa dalla Cina, che registra una grande positiva partecipazione anche europea.
Il presidente della New Development Bank, Kundapur Vaman Kamath, ha dichiarato che la stessa nasce come "alternativa all'attuale dominazione bancaria mondiale da parte degli Stati Uniti e del Fondo Monetario Internazionale", e ancora "Il nostro obiettivo non è quello di sfidare il sistema esistente così com'è, ma cercare di migliorare e integrare il sistema a modo nostro". La contrapposizione nasce poiché i rigorosi programmi di aggiustamento strutturale, richiesti da FMI e Banca Mondiale, che le nazioni devono intraprendere al fine di qualificarsi per i prestiti, non sono condivisi dai Paesi BRICS e sollevano forti perplessità. Inoltre, gli stessi BRICS non sono soddisfatti del potere decisionale a loro attribuito nelle organizzazioni di cui sopra. Inoltre, come ha rilevato il ministro, in futuro saranno possibili investimenti in progetti stranieri, ma per il momento verrà data la priorità a progetti investitivi all’interno dei paesi Brics.

La strategia per la partnership economica tra i Paesi Brics di Ufa prevede l’avanzamento nella cooperazione in tutti i settori fondamentali dell’economia e della società, soprattutto nelle relazioni sud-sud. Comunque la suddetta Banca si impegnerà nella promozione di grandi progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile anche in altri Paesi emergenti e in via di sviluppo, di cui una cinquantina già avviati.
Sul fronte monetario e finanziario le banche di sviluppo dei singoli Paesi del BRICS daranno luogo ad un “Financial Forum”, per definire nuovi accordi relativi al sistema dei pagamenti, e ad un “meccanismo di cooperazione interbancaria” che preveda tra l’altro l’utilizzo di linee swaps, cioè trasferimenti di liquidità per far fronte anche “all’impatto negativo di politiche monetarie realizzate da Paesi che emettono monete detenute anche nelle riserve”: Cioè gli Usa e l’Ue, quindi il dollaro e l’euro. L’intento è l’utilizzo delle monete nazionali nelle transazioni commerciali, fino al 50% del totale. Evidentemente tale svolta vuole essere una spinta per la costruzione di un paniere di monete rispetto all’attuale dominio del dollaro.

Al centro della crescente cooperazione vi sono non solo i tradizionali settori portanti dell’economia ma anche quelli relativi alla scienza, alla tecnologia e all’innovazione nei campi delle nanotecnologie, della biomedicina e della ricerca spaziale. Da ciò si evince l’errore che spesso nei cosiddetti Paesi avanzati si commette banalizzando i Paesi BRICS e ignorando quanto di nuovo in essi si stia muovendo. Così come viene ignorata l’importanza di un’altra Organizzazione nata tra alcuni di quei Paesi, insieme ad altri, denominata Shanghai Cooperation Organization (Sco).
Nata come meccanismo per favorire la risoluzione di dispute territoriali tra i sei paesi aderenti – Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan – è andata progressivamente istituzionalizzandosi, intensificando la cooperazione tra i suoi membri tanto su questioni di sicurezza quanto in ambiti come quello economico, energetico e culturale. Il piano più rilevante è quello militare e di sicurezza, all’insegna della comune volontà di contrastare tre fenomeni che sono identificati come le principali minacce alla sicurezza regionale: il terrorismo, l’estremismo e il separatismo. Il riferimento esplicito e l’enfasi posta su questi tre elementi (sanciti dal primo atto ufficiale dell’Organizzazione, la ‘Shanghai Convention on Combating Terrorism, Separatism and Extremism’) rende peculiare nel suo genere la SCO e sottolinea come la prima preoccupazione dei membri – soprattutto dei due più importanti, Cina e Russia – sia quella di conservare lo status quo territoriale in una regione dove sono particolarmente accesi irredentismi, contrasti etnici e spinte secessioniste e dove non mancano ingerenze esterne.
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La SCO comprende attualmente Russia, Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan. Hanno lo status di osservatore Mongolia, India, Iran, Pakistan e Afghanistan. Nel mese di settembre 2014, il Pakistan e l’India hanno chiesto formalmente di aderire.


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