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MessaggioInviato: 01/05/2016, 16:59 
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L’approvazione della Riforma Costituzionale avvenuta da poco e soggetta a referendum nell’autunno, vede alcune modifiche importanti dell’impianto della seconda parte. La fine del bicameralismo perfetto, l’elettività dei senatori, il nuovo procedimento di approvazione delle leggi, le competenze di Stato e Regione, la cancellazione delle Province (La Repubblica sarà costituita solo “dai Comuni, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”) e del Cnel, l’elezione del Colle e lo stop ai senatori a vita sono le principali novità introdotte.

Se approvata la riforma prevede che la fiducia al Governo verrà espressa solamente dalla Camera, mentre il Senato vedrà ridotta la propria competenza legislativa piena alle riforme e le leggi costituzionali

Nel nuovo sistema di “bicameralismo differenziato” le competenze della Camera e quelle del Senato risultano fortemente diversificate, con un’importante limitazione dei poteri di quest’ultimo.

La necessità della approvazione del Senato, e quindi il sistema di bicameralismo perfetto, riguarderà solamente alcune materie: le più importanti sono leggi costituzionali, tutela delle minoranze linguistiche, referendum popolari, normativa di Comuni e città metropolitane.

Per quanto riguarda le altre leggi, il Senato potrà chiedere alla Camera d modificarle, ma questa non sarà tenuta a farlo. In particolare, se il Senato chiede alla Camera di modificare una legge che riguarda il rapporto tra Stato e Regioni la Camera potrà respingere la richiesta solo a maggioranza assoluta.

Il nuovo Senato

Il Senato cambia anche composizione, con il superamento dell’elezione diretta dei senatori. L’idea dei promotori della riforma era quella di tornare all’idea di un ramo del Parlamento che fosse espressione delle istanze delle autonomie locali, come era stato inteso dalla Costituzione quando all’art. 57 ne ha previsto l’elezione su base regionale.

Il numero dei senatori sarà così ridotto a 100, ripartiti in 74 membri dei Consigli Regionali, 21 sindaci, e 5 nominati dal Presidente della Repubblica per 7 anni. Spariscono, pertanto, i senatori a vita.

Il meccanismo di nomina dei Senatori rappresentanti delle Regioni, prevede che saranno i cittadini elettori delle singole Regioni, al momento di eleggere i Consigli Regionali, a indicare quali consiglieri saranno anche senatori. I Consigli, una volta insediati, saranno tenuti a ratificare la scelta.

I membri rimarranno in carica per la stessa durata del loro mandato territoriale, con la conseguenza che la composizione del Senato potrebbe cambiare maggioranza politica più volte nel corso della stessa legislatura.

Il nuovo rapporto tra Stato e Regioni

La riforma costituzionale rimette mano anche sul più volte modificato assetto dei rapporti tra Stato e Regioni, in particolare modificando l’articolo 117 della Costituzione. La competenza c.d. “ripartita” viene modificata e specificata nelle sue parti.

Sono riportate in capo allo Stato centrale alcune competenze come energia, infrastrutture strategiche e sistema nazionale di protezione civile. Ma si prevede soprattutto un nuovo e incisivo potere di intervento dello Stato sulle materie regionali: su proposta del governo, la Camera infatti potrà approvare leggi anche nei campi di competenza delle Regioni, “quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale”.

Con la modifica del Titolo V della Costituzione viene rovesciato il sistema per distinguere le competenze dello Stato da quelle delle regioni. Sarà lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva (politica estera, immigrazione, rapporti con la chiesa, difesa, moneta, burocrazia, ordine pubblico, ecc.).

Altra novità è il meccanismo della “devolution” solo per le Regioni virtuose. Quelle tra loro che realizzano un equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio potranno ricevere dallo Stato ulteriori poteri, comprese le “disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, per le politiche sociali e il commercio con l’estero.

La riforma abolisce la definizione di legislazione concorrente e trasferisce allo Stato alcune competenze finora divise con le Regioni. Ad esempio mercati assicurativi, promozione della concorrenza, previdenza complementare e integrativa, tutela e sicurezza del lavoro, protezione civile, beni culturali e turismo.
Ma rimane il principio che lo Stato si occupi della legislazione di principio, lasciando alle Regioni quella specifica, su alcune materie, tra cui: tutela della salute, politiche sociali e sicurezza alimentare, istruzione, ordinamento scolastico

Il Parlamento e le sue modifiche

Il nuovo articolo 55 della Costituzione sancisce la definitiva cessazione della parità tra i due rami del Parlamento, così come prevista nel testo originale.
Solo la Camera dei deputati voterà la fiducia al governo, e solo “la Camera dei deputati (…) esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell’operato del Governo”.
Di regola, le leggi saranno approvate dalla sola Camera dei deputati.
Più complesse invece le modifiche riguardanti il profilo del nuovo Senato
Innanzi tutto, “il Senato della Repubblica (che) rappresenta le istituzioni territoriali”, sarà composto da 100 membri, 95 scelti dalle Regioni (21 dovranno essere sindaci) e 5 dal Presidente della Repubblica.
Mantiene poteri sulle nomine di competenza del Governo, nei casi previsti dalla Carta e, soprattutto, mantiene la funzione legislativa (insieme alla Camera) sui rapporti tra Stato, Unione Europea e enti territoriali.
Inoltre il Senato mantiene la funzione legislativa anche:

per le leggi di revisione della Costituzione, le altre leggi costituzionali
per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche
per le leggi sui referendum popolari
e per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni.
Solo nel caso di leggi che riguardano le competenze regionali, il voto del Senato è obbligatorio.
In tutti gli altri casi, se il Senato non agisce entro il termine di 10 o 15 giorni (a seconda delle materie), le leggi entrano in vigore.
La Camera potrà ignorare le modifiche approvate dal Senato, riapprovando la legge così com’è, o accettare le modifiche
con un’unica eccezione: se si tratta di leggi che riguardano le competenze legislative esclusive delle Regioni o leggi di bilancio, la Camera può “ignorare” le modifiche volute del Senato solo a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Il nuovo Senato non avrà più competenze sullo stato di guerra, che dovrà essere deliberato dalla sola Camera dei deputati “a maggioranza assoluta”.
Inoltre solo la Camera approverà le leggi di amnistia e indulto, e le leggi che recepiscono i trattati internazionali (a meno che non riguardino l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea, e in quel caso anche il Senato deve approvarle).

Avrà poi il ruolo di controllore delle politiche pubbliche e di controllo sulla Pubblica Amministrazione. Potrà infine eleggere due giudici della Corte Costituzionale.

Sulle leggi elettorali di Camera e Senato, è previsto che una minoranza di parlamentari possa chiedere un giudizio preventivo di Costituzionalità.

La parte riguardante le elezioni del nuovo Senato è stata uno dei punti più dibattuti della riforma con un compromesso raggiunto usando queste parole: i consiglieri sono eletti dai Consigli regionali “in conformità alle scelte espresse dagli elettori“.
Le modalità specifiche con le quali saranno eletti i senatori è stato rinviato a una legge elettorale che Camera e Senato dovranno approvare in un secondo momento.
Scompare la limitazione dell’età nell’elezione del Senato ed i senatori eletti nella circoscrizione Estero.
L’indennità verrà erogata solo ai deputati non venendo prevista la possibilità per i senatori di ottenere un’indennità per il ruolo.
La legge però tace su eventuali rimborsi-spese, che saranno regolati da fonti interne di ciascuna Camera (il diavolo sta nei dettagli).
Saranno senatori a vita solo gli ex presidenti della Repubblica.
I senatori a vita nominati sono sostituiti dai senatori di nomina presidenziale: il Presidente può nominare senatori che durano in carica 7 anni e non possono essere nuovamente nominati.
Non potranno esserci più di 5 senatori di nomina presidenziale contemporaneamente.
I senatori a vita nominati prima della riforma (Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia) manterranno il loro posto.

La fiducia al governo

Il Senato non avrà più il potere di dare o togliere la fiducia al governo, che sarà una prerogativa della Camera. Il Senato avrà però la possibilità di esprimere proposte di modifica anche sulle leggi che esulano dalle sue competenze. Potrà esprimere, non dovrà, su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti e sarà costretto a farlo in tempi strettissimi: gli emendamenti vanno consegnati entro 30 giorni, la legge tornerà quindi alla Camera che avrà 20 giorni di tempo per decidere se accogliere o meno i suggerimenti. Più complessa la situazione per quanto riguarda le leggi che concernono i poteri delle regioni e degli enti locali, sui quali il Senato conserva maggiori poteri. In questo caso, per respingere le modifiche la Camera dovrà esprimersi con la maggioranza assoluta dei suoi componenti. Il Senato potrà votare anche la legge di bilancio: le proposte di modifica vanno consegnate entro 15 giorni e comunque l’ultima parola spetta alla Camera.

Governo (ancora) più forte

Il governo avrà una corsia preferenziale per i suoi provvedimenti, la Camera dovrà metterli in votazione entro 70 giorni. Il potere esecutivo si rafforza ulteriormente a scapito del legislativo. E probabilmente, uno degli effetti più importanti consiste nel fatto che l’approvazione delle leggi sarà quasi sempre prerogativa della Camera, con il risultato che l’iter sarà molto più rapido.

Esame preventivo di costituzionalità.

Aumentano anche i poteri della Corte Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato. La Consulta dovrà pronunciarsi entro un mese, mentre la richiesta va fatta da almeno un terzo dei componenti della Camera. In questo modo si eviterà di avere una legge elettorale per anni e anni salvo poi scoprire che si tratta di una legge incostituzionale.

I 5 giudici della Corte Costituzionale, oggi eletti dalle Camere in seduta comune, saranno eletti separatamente: 3 dalla Camera e 2 dal Senato.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Cambia l’elezione del Presidente della Repubblica. Rispetto ad oggi:

partecipano al voto solo deputati e senatori (scompaiono quindi i 59 delegati regionali)
rimane uguale il quorum delle prime tre votazioni: maggioranza qualificata dei due terzi (ovvero il 66%)
sale il quorum dal quarto scrutinio al sesto scrutinio: servirà la maggioranza di tre quinti (60%) contro l’attuale maggioranza assoluta (50%).
cambia il quorum dal sesto scrutinio in poi: servirà la maggioranza di tre quinti dei votanti invece della maggioranza degli aventi diritto.
Il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei Deputati, e non più anche il Senato.
Il presidente della Camera diventa la seconda carica dello Stato. E in quanto tale sarà il Presidente della Camera a fare le veci del Presidente della Repubblica se quest’ultimo non può.

IL VOTO A DATA CERTA

La nuova Costituzione (all’articolo 72) prevede che il governo possa richiedere una via preferenziale per l’approvazione di un disegno di legge “essenziale per l’attuazione del programma di governo”.
La Camera vota sulla richiesta del governo entro 5 giorni, e se accoglie la richiesta poi dovrà concludere discussione e votazione entro 70 giorni (rinviabili al massimo di 15 giorni).
Il ‘voto a data certa’ è escluso per le leggi di competenza del Senato, le leggi in materia elettorale, la ratifica dei trattati internazionali e le leggi di amnistia, indulto e le leggi di bilancio

LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE E REFERENDUM

Cambia l’articolo 71 della Costituzione: sale a 150.000 il numero di firme necessarie per le leggi di iniziativa popolare. E nella Carta fa la sua comparsa la garanzia che queste proposte saranno discusse e votate.
Cambia in parte il quorum dei referendum abrogativi: il voto è valido se partecipa il 50% degli aventi diritto (come oggi) ma se il referendum era stato richiesto da almeno 800mila elettori, il quorum scende al 50% dei votanti delle ultime elezioni.
Nascono due nuovi tipi di referendum: quello propositivo e quello di indirizzo. Per decidere modalità ed effetti di queste consultazioni, serviranno prima una legge costituzionale e poi una legge ordinaria.

Nell’articolo 55 entra un nuovo comma: “Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”.

Simili norme sono previste anche per le leggi elettorali dei Consigli Regionali.

http://www.spazioeconomia.net


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