Le vittime dell’ecocidio di Spinetta Marengo:
De Laguiche, Cogliati e compagnia bella di Solvay, sapete dove dovete mettervela la vostra “solidale umana pietà”?
Udienza 10 novembre 2014
E il viso pulito, e lo sguardo glaciale, e il sorriso sadico imbevuto di bavetta, e il profumo femminile, e l’abbigliamento coerente, il ritratto lombrosiano di Domenico Pulitanò non si trasfigura anzi si esalta quando dalle lezioni cattedratiche ai giudici “chierici e laici” di Alessandria passa – pur senza citare ARBEIT MACHT FREI - alle lezioni morali alle parti civili. Dal suo pulpito (verrebbe da dire: dalla sua torretta di Auschwitz) si rivolge direttamente alle vittime, lavoratori e cittadini, ammalati ed eredi dei defunti: Umana solidale pietà, ma non posso non esprimere tutto il mio disagio morale nei vostri confronti per le vostre (immorali) richieste di risarcimento, trascinati come siete stati da burattinai (immorali avvocati, immorale PM), qui in quest’aula a mettere in scena (immorali) teatrini del dolore, sceneggiate di vedove e orfani, recital di lacrime e sofferenze, per morti e malattie attribuite a Solvay per inesistenti esposizioni da ipotetiche acque avvelenate, malattie e morti inesistenti e inventate, attribuibili a cause naturali. Pulitanò, sai dove te la mettiamo la tua pietà?
Ma Pulitanò non ha ancora finito: Siete come i bambini che hanno paura di tutto; come quell’agguerrito Lino Balza che, da me interrogato durante la sua testimonianza, uno sketch, esprimeva preoccupazione non solo per la sua malattia ma addirittura a bere dal 2008 e per gli anni a venire l’acqua dell’acquedotto di Alessandria. Vero. Balza non può che confermare oggi il J’accuse a Solvay del 5 maggio 2014. Cioè l’avvelenamento doloso è in corso come la dolosa omessa bonifica, gli inquinamenti idrici continuano, incidenti e fughe di gas continuano, continuano ad essere falsificati i dati ambientali, continua la manutenzione a essere carente, continuano ad essere chiusi i pozzi con cui in mensa facevano il minestrone e Paglieri e Centrale del latte facevano profumi e yoghurt, continuano gli altri pozzi ad essere chiusi e se ne sono aggiunti altri, con il Ministero dell’ambiente che dimostra che l’inquinamento si sta espandendo perfino a monte dello stabilimento e che la bonifica è stata finora un bluff e che addirittura una bonifica definitiva praticamente sarà impossibile dato lo stato di irrimediabile degrado. Aggiungeva Balza che: lo stabilimento è pur sempre classificato ad alto rischio e di catastrofe industriale ma con un Piano di sicurezza emergenza soccorso inadeguato e nascosto. Aggiungeva che la CGIL ha appena allarmato la presenza di PFOA nel sangue dei lavoratori mentre l’Asl non effettua monitoraggi sui fluoruri nel sangue di lavoratori e cittadini. Aggiungeva che un’altra Indagine epidemiologica sulla mortalità in Fraschetta aveva appena registrato una impennata di tumori fino al 127% sulla media regionale.
Ci siamo costituiti parte civile per collaborare con la Giustizia nella ricerca della verità nonché delle condanne per il risarcimento dei danni tutti (biologico, morale, esistenziale e patrimoniale) e infine, non lo nascondiamo, per prevenire scongiurare ulteriori disastri futuri per la collettività tutta. Non ci tratti da bambini, Pulitanò, e non si mostri rimbambino.
A questo punto vi chiederete: ma chi è questo ottuagenario Domenico Pulitanò? Festeggia i suoi 50 anni di attività forense (largo ai giovani, non lo faccio per denaro) e senza nessun rispetto per chi è costretto ad ascoltarlo (più o meno; senza contare che già dopo il primo intervallo metà dell’aula se l’era squagliata) per 8 ore. Solo la premessa dura 65 “godibilissimi” minuti. La cultura di Pulitanò è sterminata soprattutto in temi non giuridici: cita e legge (libretto frusto in edizione economica) Cesare Beccaria (e non capiamo se è suo maestro o discepolo) e innumerevoli altri personaggi che appropriati entrano perciò nel processo come autorevoli testimoni. Alcuni sono giovani (si fa per dire) come papa Francesco, Umberto Eco, Luigi Ferrajoli, Amendola jr. Soprattutto altri suoi coevi: Marcus Tullius Cicero (detto Cicerone come Pulitanò), Johan Wolfang Von Goethe (che nel Faust descrivendo Mefistofele pensava al PM Ghio), Caius Iulius Phaedrus della favola lupus (Ghio) et agnus (Solvay), William Shakespeare (tu quoque Brute brutto Ghio), Quintus Horatius Flaccus (carpe diem, vivi il presente Ghio, non pensare al futuro), Alessandro Manzoni (per il seicentesco untore Ghio, infame come la Colonna infame). Non poteva mancare Charles-Louis de Secondat Baron de La Brède et de Montesquieu (nobile come de Laguiche togato come Pulitanò).
Nel ritratto, aggiungiamo che Pulitanò è stato pure consigliere giuridico del vecchio PCI, così possiamo anche affibbiargli la qualifica di stalinista. Stalinista d’altronde lo è nei confronti del suo avversario (avrete intuito che è Ghio). Con “elegante” linguaggio distribuito in 8 ore infatti definisce “per principio di carità” il mai troppo paziente pubblico ministero Riccardo Ghio: mefistofele, bruto, lupo, affetto da populismo giuridico, volgare, ignorante, estraneo al diritto, fantasioso e fantasista, immaginario, pretore d’assalto, dell’ancien régime, untore di peste, deriva autoritaria, il sonno della ragione, peggio del codice Rocco, senza civiltà del diritto (e qualche altro epiteto “in punta d penna” può esserci sfuggito quando ci siamo allontanati con la scusa della pipì). Meno male che ha usato il “principio di carità”, altrimenti cosa avrebbe potuto dirgli. E cosa dirà della Corte quando emetterà equilibrata condanna.
Adesso non potrete che domandarvi: cosa ha detto in concreto Domenico Pulitanò per chiedere “assoluzione ampia, in nome del garantismo” per Bernard de Laguiche? Ha detto che la Corte di Assise non è legittimata a giudicare. Che impugnerà la condanna (pare rassegnato) per illegittimità costituzionale “secondo il principio di uguaglianza e colpevolezza”… da non confondersi con il “principio di precauzione” non ipotizzabile scientificamente per Spinetta Marengo, dove “il pericolo è zero”. Che l’acqua del Bormida dall’Acna in giù (compreso il PFOA di Spinetta) non è utilizzata per gli alimenti di persone, animali e piante. Che la falda acquifera della Fraschetta tutti sanno che è inquinata e dunque le Autorità tutte sanno che non la devono usare. Che avvelenare direttamente le falde non è reato di avvelenamento doloso (art. 439) mentre avvelenare direttamente l’acquedotto è reato di omicidio. Che non s’è mai visto in Italia applicare l’art. 439 ad una azienda (chissà perché l’avrebbero allora previsto nel codice penale, n.d.r.). Che l’omessa dolosa bonifica non è “reato continuato” (continuato fino ai giorni nostri, n.d.r.). Che “dolo” ci sarebbe solo se De Laguiche fosse stato messo (da Ausimont, da Cogliati) a conoscenza dell’avvelenamento e non avesse provveduto ad eliminarlo. Che non ci sono prove “autografe” (come a dire una confessione firmata da De Laguiche, n.d.r.). Che c’è una “stampa sensazionalistica” in feeling con le vittime (e non con Bruxelles e il suo programma “Adoucir les journalistes”, funzionante prima delle intercettazioni telefoniche della Procura, n.d.r.). Che Lino Balza, “affetto da cancro per paura precauzionale”, come infame è secondo solo al PM.
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