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MessaggioInviato: 28/03/2012, 15:54 
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Iscritto il: 31/01/2012, 15:05
Messaggi: 71
[*]I cattivi dipendenti pubblici, in gran parte dirigenti/raccomandati/incapaci o clientes dell’uno o dell’altro politico, vivono da decenni alle spalle dei buoni dipendenti pubblici. Materialmente: spesso prendono stipendi anche di dieci volte superiori a quelli dell’impiegato base. E culturalmente: sfruttano la miseria dei poveri (quelli che sbadilano per uno stipendio misero e spesso si prendono responsabilità non loro), per perpetuare posizioni di rendita clientelare e una cultura pubblicistica fondata non sul risultato (è pubblico il servizio fatto bene per tutti e a costi popolari, indipendentemente da chi faccia il servizio), ma sulla posizione sociale di chi fa il servizio. Il vero conflitto di classe, oggi, non è fra dipendenti pubblici e privati, ma fra lavoratori seri da una parte, ereditieri di ogni risma dall’altra, pubblici e privati (affaristi e parassiti parastatali, in questo caso).

Riguardo il mio presunto conflitto d’interesse: mi batto per la sussidiarietà da 20 anni, non a parole ma coi fatti. Mi sono battuto per la cultura pubblicistica dei servizi resi da privati, che spesso sono più ‘pubblici’ di quelli resi direttamente dal pubblico
(ad esempio certi servizi sociali), in altri casi no: in questi casi, se si ha un minimo di conoscenza del problema, si sa che la responsabilità è dello stato, cioè di quel ‘cattivo pubblico’ che non vede l’ora di affidarsi a un ‘cattivo privato’, cui spilla tangenti, favori e servizi sottocosto. Il ‘cattivo privato’ è funzionale al ‘cattivo pubblico’ e viceversa. Questa cultura ideologica di entrambi i settori, anche quando è in buona fede, non fa altro che perpetuare quest’abbraccio mortale.

Anche per questo, non ho certo bisogno di andare a difendere le cooperative in pubblico per chissà quali interessi personali, quando ho combattuto le pseudocooperative nel silenzio da, appunto, vent’anni. Lo capirebbe anche un bambino che gli affari cui si allude hanno bisogno di silenzio, non certo dell’esposizione che ho volutamente usato nella circostanza degli asili. Affari che, invece, molto di quel ‘cattivo privato’ cooperativo e non, ha fatto ad Alessandria da decenni proprio con la complicità del ‘cattivo pubblico’ cui si accennava. Compresa quella cultura così ben espressa da ”Curiosità”, che è così avvezza all’onestà intellettuale e all’assunzione di responsabilità che non si fa nessun problema a dire stupidaggini come l’attribuzione di ”volontà di licenziare” a chi tenta di fare un discorso serio e pro-lavoratori, protetto dalla miseria morale dell’anonimato come i peggiori sicari (e con tutto il rispetto per i sicari che almeno rischiano pelle e galera, oltre che un conflitto quantomeno virile col loro senso di colpa).

I precari degli asili sono tali per colpa di quel ‘pubblico’ e di quei ‘pubblici’ che traggono dallo stato e dal parastato stipendi e privilegi, non per colpa del privato. E il rischio di licenziamento c’è, perché proprio quel pubblico ha precarizzato quei lavoratori, fregandosene delle soluzioni possibili per almeno dieci anni. Chiedere a certi precari come sono stati trattati, e che trattamento hanno invece avuto loro colleghi più amici di questo o quel funzionario (pubblico). Ed è lo stesso ‘pubblico’ che ha lasciato fare affari ad un certo ‘privato’ alessandrino in ogni settore e ancora lo fa; mentre in pubblico si riempie la bocca coi problemi dei ‘lavoratori’.

Posso fare nomi e cognomi, in parte li ho fatti proprio quella sera (mentre altri hanno sorvolato allegramente), altri in occasioni diverse, come quella recentissima di Santa Maria di Castello, per la quale sono stato querelato dalla figlia (privata) di un funzionario comunale (pubblico) nonché dirigente CGIL (difensore dei pubblici) e nipote di una candidata sindaco (bi-pubblica), con pratiche condotte da altri funzionari comunali (pubblici). Ma potrei continuare per una giornata intera, a snocciolare il rosario delle miserie, pubbliche e private, di questa città devastata da un intero ceto dirigente, parassita pubblico-privato. Non lo faccio perché mi interessa chiudere con un altro slogan: lavoratori di tutta Alessandria unitevi, pubblici e privati, contro i vostri oppressori. Specie contro quelli che si riempiono la bocca dei vostri problemi spacciando la droga del populismo, per poter meglio essere, sempre e comunque, antipopolari.

Risposta pubblicata su Corriereal martedi 27 marzo 2012


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