by Pier Carlo Lava
L’Italia parla sempre più cinese, sta diventando un paese multietnico come la Francia e altri in Europa, ma in aggiunta e diversamente da altri è anche una terra di conquista, dato che dalla piccola imprenditoria alla grande finanza continua a perdere pezzi, con aziende manifatturiere in vari settori merceologici che cambiano proprietà passando in mano a società estere. Un altro aspetto di questa progressiva e continua colonizzazione è rappresentato dallo crescita delle piccole imprese e attività commerciali straniere un po ovunque sul nostro territorio.
Anni fa si diceva “la Cina è vicina” e si pensava che ci sarebbero voluti decenni prima che i mercati allora definiti emergenti potessero diventare un eventuale pericolo, poi l’evoluzione dei tempi e lo sviluppo della tecnologia che ha agevolato le comunicazioni, hanno determinato l’esplosione della globalizzazione.
Ora la situazione è totalmente cambiata la Cina, prima potenza commerciale del mondo è tra noi, da una recente analisi della Cgia di Mestre risulta infatti che fra il 2012 e il 2013 c’è stato un boom delle imprese cinesi in Italia che sono cresciute del 6,1% superando le 66.000 unità (a fronte del -1,6 di quelle italiane).
I settori maggiormente interessati dall’invasione cinese sono il commercio con oltre 24.000 attività (soprattutto venditori ambulanti), il manifatturiero, con poco più di 18.000 imprese (prevalentemente nel tessile-abbigliamento e calzature) e la ristorazione-alberghi e bar circa 14.000. Imprenditoria cinese in crescita anche nel settore dei servizi alla persona, parrucchieri, estetiste e centri massaggi, il numero totale è superiore alle 3.400 unità, ma tra il 2012 e il 2013 c’è stato un aumento esponenziale +34%.
Risulta invece in diminuzione l’ammontare complessivo delle somme di denaro inviate verso la Cina dagli immigrati cinesi presenti in Italia 1,10 miliardi di euro, meno della metà dell’importo registrato nel 2012 che era stato di 2,67 mld di euro.
Nello stesso periodo le aziende che fanno capo a imprenditori stranieri sono cresciute complessivamente del 3,1% toccando in valore assoluto quota 708.000, il Marocco, la Romania e poi la Cina sono le prime origini delle stesse.
Questi dati oltre a rappresentare la realtà sono fonte di comprensibile e forte preoccupazione per le imprese italiane, diverse delle quali sono state costrette a chiudere o a trasferirsi all’estero, ma sono anche una risposta a chi si lamenta degli effetti della delocalizzazione produttiva e della fuga degli investimenti stranieri dal nostro paese.
Per quanto riguarda le imprese italiane come se ne esce?, facendo rete, specializzandosi, innovando, investendo in ricerca e sviluppo e diversificando il business sui mercati internazionali con l’utilizzo della tecnologia e la partecipazione a mostre ed esposizioni, individualmente o se non è possibile tramite le Camere di Commercio.
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