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Cava non cava e le terre del Terzo valico
Di Alessandra Fava | 18 gennaio 2013
Il Terzo valico produrrà milioni di tonnellate di smarino (solo sul lato piemontese si parla di 6
milioni di tonnellate). La lobby dei potenti si è già attrezzata per inserirsi nel business e coprire con
quelle terre delle cave e riempire delle discariche. Un affare milionario. Gli amministratori seguono
l’onda e autorizzano alla discarica spesso in mancanza di seri studi sui terreni sottostanti come
spiega un geologo, Antonio Della Giusta.
Negli ultimi mesi nell’alessandrino come in Liguria il tema caldo è proprio questo. A Genova ci
sono stati attriti tra Pd e il sindaco Marco Doria, perché Doria è sempre
stato contrario alla Gronda (una variante autostradale nel ponente
cittadino) e si temeva anche qualche no sul Terzo valico: alla fine, dopo varie
pressioni 31 consiglieri comunali tranne quelli del Movimento cinque stelle che hanno lasciato
l’aula e uno di Federazione della sinistra che ha votato contro, martedì scorso a palazzo Tursi hanno
detto sì all’utilizzo della discarica di Monte Gazzo e di quella vicino al torrente Chiaravagna. ‘’Non
solo si concede alla cave Gneo e Gnocchetto di continuare “impunemente” a scavare (per produrre
materiale per il rilevato del Terzo Valico), ma, addirittura, si riapre la cava Vechie Fornaci per
riversarci una milionata di metri cubi di smarino (detriti provenienti dai lavori di scavo) – ha
commentato Antonio Bruno della Federazione della sinistra che ha votato contro – La
discussione in commissione è stata surreale: a tutte le obiezioni
(ambientali, paesaggistiche, urbanistiche) gli uffici hanno risposto che
tutto e’ stato deciso dalla delibera del CIPE n. 80 del 25 agosto 2006 che
ha approvato il Progetto Definitivo e non c’è più niente da discutere.
L’inserimento dell’opera nella Legge Obiettivo ha permesso di fare la Valutazione di Impatto
Ambientale senza l’opzione zero’’ e ha ricordato che il famoso Terzo valico fu bocciato tra volte
dalla Valutazione di impatto ambientale nazionale perché non c’è abbastanza traffico per
giustificare un investimento di 6,2 miliardi di euro per quello che tra l’altro è
l’ennesimo traforo tra Liguria e pianura padana.
In altri casi l’attenzione è sulle decisioni degli amministratori, per esempio per la cava di
Sezzadio su cui la Riccoboni chiede di fare una discarica, è attesa la
Conferenza dei servizi presso la Provincia di Alessandria il 22 di
gennaio e i comitati promettono di dare battaglia con contestazioni e proteste fuori della sede.
A questo proposito abbiamo intervistato Antonio Della Giusta, docente
universitario in pensione dopo 40 anni dì insegnamento presso la facoltà di scienze
matematiche fisiche e naturali dell’Università di Genova, Trieste e Padova (a Padova anche
responsabile del dottorato di scienze della terra). Della Giusta parla a proposito di cave e progetti di
discariche di utilizzo consapevole del territorio, informazione trasparente ai cittadini e studi
scientifici reali e approfonditi.
Come fa il cittadino ad avere garanzie su quanto viene conferito in una
cava?
‘’Questo è uno dei punti nodali: chi ci garantisce che in una discarica deputata a ricevere la terra del
Terzo valico non finiscano altri rifiuti, magari tossici? Il privato fa i suoi interessi e allora chi mi
garantisce che il tritume di roccia non sia mescolato ad altre cose? È impossibile controllare che
cosa portano tutti i camion, specie se ne passano 30 o 40 al giorno. Ci vorrebbe un uomo fisso che
controlli ma dalle esperienze che leggiamo nelle cronache giudiziarie questo non basta. Se ci sono
rifiuti tossici sotto uno strato di terriccio come si fa? Tutto quello che abbiamo visto realizzarsi nel
napoletano, non ce lo siamo mica inventati. Camion interi che sparivano sotto altra roba. Un
controllo effettivo non ci sarà mai’’.
Le amministrazioni dovrebbero anche riflettere sull’uso del territorio
nel futuro. Non guardare solo ai pochi anni di un ciclo amministrativo…
‘’Se il Monferrato vuole attrarre gli inglesi e diventare il Chianti del nord, i politici devono anche
chiedersi che cosa gli offriamo: vigneti frutteti e agricoltura di qualità o discariche? Bisogna
pensare in prospettiva. Se oltre ai capannoni ci mettiamo anche le discariche, abbiamo venduto
tutto’’.
I comitati No-tav e No-Terzo valico fanno anche presente che se si scava
vengono fuori i filoni di amianto. Che tipo di complicanze porta e come
andrebbe trattato?
‘’Se si trattasse solo di roccia naturale con una piccola parte di amianto non ci sarebbero grossi
problemi perché quello non produce neppure percolato. In pratica in cava l’amianto farebbe lo
stesso effetto di quando è imballato nel terreno. Però se invece i terreni sono mescolati ad altri
rifiuti, il mix può diventare molto pericoloso. Se là sotto si trovano dei filoni grossi di amianto puro
allora va messo in sicurezza, non può essere conferito così. Insomma ci vuole un’analisi molto
dettagliata per capire che tipo di amianto è e quanto sono grosse le fibre’’.
Per Sezzadio lei ha fatto presente che manca una modellazione di falda
in 3D (la cosiddetta Modflow) per l’elaborazione delle fasce di rispetto
con le portate attuali. Ci spiega meglio?
‘’In sostanza quando la cava è limitrofa a una falda dovrebbero misurare la portata e i livelli della
falda e studiarla nel periodo di magra e di piena. È uno studio che va fatto su un arco temporale
almeno di un anno e mezzo tenendo presenti piogge e nevi per capire come variano i livelli nel
tempo e capire anche come la falda si sposta a seconda del pompaggio dei pozzi. Insomma per
valutare davvero le situazioni e quindi decidere se una cava o una discarica è idonea ci vogliono
molti dati e una ricerca fatta seriamente, su tutta l’area e non su tempi brevi. Ad esempio per
Sezzadio gli studi a mio avviso sono su un’area troppo ristretta’’
Quando si può parlare di una cava sicura?
‘’Vanno fatti degli studi sulla stratigrafia. Spesso si parla di impermeabilizzazione con teli speciali
tentando di sottacere che in 30 o 40 anni i percolati potrebbero intaccare i teli oppure si potrebbero
formare delle fessure in seguito a piccoli eventi sismici. E poi c’è un criterio di prudenza contadina
e torno a Sezzadio. Lì c’è una falda che dà acqua a 200 mila persone: un tempo letamaio e pozzo
dell’acqua in campagna erano sempre distanti. Quindi dico, se le discariche vanno fatte per forza,
almeno mettiamole dove non c’è acqua potabile’’.
Quel che stupisce un profano è che negli atti consegnati agli enti locali
persino il dato scientifico diventa interpretabile. Ad esempio per
Sezzadio, la Riccoboni parla di strati di argilla che potrebbero
comunque limitare la discesa del percolato…
‘’Da studioso dico che la continuità dei terreni argillosi non esiste. Ci sono strati e
quindi i liquidi possono passare da uno strato all’altro e scendere. Quindi tornando
all’argomento più generale servono campagne di studi reali e il concetto del buon
contadino va tenuto presente’’.

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